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Luisa Revelli è ricercatrice a tempo indeterminato in Linguistica italiana presso il Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università della Valle d’Aosta.
1. Curriculum accademico-didattico | Luisa Revelli è dal 2004 ricercatrice a tempo indeterminato in Linguistica italiana (SSD L-FIL-LET/12) presso il Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università della Valle d’Aosta.
È in possesso di abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia (ASN 2013) e di professore di prima fascia (ASN 2019) nel settore LIFI-01/A – Linguistica italiana – GSD 10/LIFI-01 – LINGUISTICA E FILOLOGIA ITALIANA.
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2. Formazione accademica | Laureata in Filologia Romanza con la votazione di 110 e lode all’Università degli Studi di Torino, per un decennio ha svolto presso il Dipartimento di Scienze letterarie e filologiche dello stesso Ateneo attività scientifica e didattica in qualità di borsista, assegnista di ricerca e professore a contratto, collaborando ai lavori editoriali dell’Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale (ALEPO) e a progetti di ricerca scientifica di rilevanza nazionale d’ambito storico-linguistico e onomastico (CNR – AGENZIA 2000-2002; COFIN 2002-2003). Nel 2004 ha preso servizio presso l’Università della Valle d’Aosta nel ruolo di ricercatrice a tempo indeterminato nel settore scientifico-disciplinare della “Linguistica italiana”. |
3. Interessi scientifici | Si è occupata in prospettiva storico-variazionale di questioni legate all’onomastica, alla grafematica e alla grammaticografia, all’educazione linguistica, alle caratteristiche evolutive delle varietà impiegate in età infantile e giovanile, anche da parte di non italofoni, con particolare interesse per le testimonianze documentate nelle fonti minori (scritture non convenzionali, epistolari, semicolte, acquisizionali) e in rapporto ai modelli proposti nei contesti educativi (italiano scolastico). In questa direzione si collocano gli studi da lei condotti – anche con l’ausilio di metodi computazionali – nell’ambito del Progetto CoDiSSC – Corpus Digitale di Scritture SColastiche (già CoDiSV – Corpus Digitale delle Scritture Scolastiche d’ambito Valdostano), di cui è responsabile scientifico.
Nella prospettiva linguistico-percezionale dei fenomeni di contatto dell’italiano con altri codici e varietà si inscrivono i suoi lavori dedicati ai rapporti fra cambio di lingua, comportamenti e rappresentazioni dei parlanti, alle relazioni tra identità linguistiche asserite, percepite e praticate nei contesti plurilingui e alle dinamiche evolutive repertoriali secondarie a fenomeni migratori: su tali aspetti si concentra il recente progetto di ricerca “Plurilinguismi e linguistica migrazionale: profili diacronici e varietistici dell’italiano d’Eritrea”. |
4. Altre attività connesse con la ricerca |
È attualmente responsabile scientifico – con Antonio Mastropaolo – del Progetto di ricerca “L’accessibilità dei testi normativi come dispositivo di inclusione: studio di caso e strumenti applicativi in Valle d’Aosta” (finanziamento Fondazione CRT ); Co-investigator (Responsabile scientifico esterno) del Progetto Multilingualism and language practices in the diaspora: the case of the Eritrean community finanziato nell’ambito del bando BA / Leverhulme Small Research Grants 2023 della British Academy; Referente scientifico per la rete di ricerca italiana del Progetto ÉPRISE (Écriture et plurilinguisme : la réflexivité au coeur de l’inclusion scolaire en Europe) con sede presso l’Université de Bordeaux, finanziato nell’ambito del bando MRSEI 2023 – Montage de Reseaux Scientifiques Europeens ou Internationaux dell’Agence nationale de la recherche (ANR – France); Responsabile scientifico del Progetto L’italiano e gli italiani in Estonia condotto con il contributo dell’Ambasciata d’Italia in Estonia e in collaborazione con il Department of Romance Languages dell’Università di Tallinn nell’ambito del Progetto Mitmekeelsus Eestis. Itaalia-eesti ja itaalia-vene mitmekeelsed praktikad – Multilinguismi in Estonia. Pratiche plurilingui italo-estoni e italo-russe finanziato dall’Humanitaarteaduste instituut (Bando TÜHI Uuringufondi 2024); responsabile dell’Accordo di cooperazione scientifica con l’Unité de Recherche CLESTHIA – Langage, systèmes, discours dell’Université Sorbonne Nouvelle Paris 3; del programma di collaborazione siglato con l’Institut für italienische Sprache und Literatur dell’Università di Berna e della relativa mobilità SEMP – Swiss-European Mobility Programme; del protocollo d’intesa con il Centre d’Information sur l’Education Bilingue et Plurilingue (CIEBP); direttrice della Collana editoriale CoDiSV-CoDiSSC; membro del Comité de Lecture della rivista “ESP. Education et sociétés plurilingues”; revisore per riviste d’ambito linguistico e glottodidattico; membro di comitati scientifici di congressi internazionali (tra i più recenti: « Actualité d’Andrée Tabouret-Keller », Université de Strasbourg, 3-4 décembre 2021; « Analyser de grands corpus scolaires et universitaires : des questions pour la recherche et pour la formation », Université de Bordeaux, 28-30 juin 2022 ; « Congrès Mondial de Linguistique Française », Session Linguistique de l’écrit, linguistique du texte, sémiotique, stylistique, Université d’Orleans, 4 – 8 juillet 2022; Primo Congresso Internazionale ‘Fra Italia e Baltico Orientale’ (IBO). Incontri culturali, traduttivi e linguistici. Tallinn University, 14-15 ottobre 2024). |
5. Cariche accademiche e incarichi d’Ateneo e interistituzionali | È stata referente d’Ateneo per il Manifesto dell’Università inclusiva – UNHCR; componente del Senato Accademico dell’Università della Valle d’Aosta in qualità di rappresentante eletta del corpo accademico (2019-2021); delegata per la ricerca del Dipartimento di Scienze umane e sociali (2016-2019); coordinatrice del Corso di formazione manageriale per dirigenti scolastici (2018-2019); supervisore scientifico del Progetto FAMI (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione) “VdA – Valle dell’Accoglienza 4” attivato in convenzione con la Regione Autonoma Valle d’Aosta (2017-2018); membro del Consiglio Direttivo del Centro Linguistico d’Ateneo (2006-2014); esperto del comitato interistituzionale PLS (Università della Valle d’Aosta, Assessorato Istruzione e Cultura R.A.V.A.- Servizio di logopedia ASL VdA) (2011-2015); membro cooptato nel Gruppo di Studio interistituzionale “L’indagine OCSE PISA in Valle d’Aosta” attivato in collaborazione con l’Assessorato Istruzione e Cultura della Valle d’Aosta (2011-2012); coordinatrice del Perfezionamento postlauream in Didattica dell’italiano L2 (2006-2008); esperto nominato nell’ambito dell’Équipe régional Assessorat de l’Education et de la Culture: Projet « Profil de la politique linguistique éducative de la Vallée d’Aoste » (2006-2007); direttrice del Progetto di formazione docenti “Italiano L2 in Valle d’Aosta” condotto in collaborazione con la Sovraintendenza agli Studi della Valle d’Aosta (2005-2007); responsabile del Comitato Tecnico-scientifico per il Progetto “Università. Scuola. Territorio” finanziato dal Fondo Sociale Europeo (2004-2006); supervisore scientifico di borse di studio e assegni di ricerca finanziati con fondi esterni all’Ateneo (Fondazione CRT – Progetto Alfieri; CELVA – Consorzio degli Enti Locali della Valle d’Aosta; Fondo Sociale Europeo); componente di Commissioni giudicatrici del Dottorato in Scienze del Linguaggio e della Comunicazione dell’Università di Torino e di Juri de Thèse della Scuola di dottorato in Sciences du langage dell’Università Paris 3 Sorbonne Nouvelle; membro di commissioni e gruppi di lavoro, d’Ateneo e interistituzionali. |
Inscritta nell’ambito del filone della linguistica migrazionale, al crocevia fra differenti dimensioni di studio di prospettiva variazionale, etnolinguistica, psicolinguistica e acquisizionale – la ricerca si propone anzitutto di esaminare la vitalità e le caratteristiche evolutive – sociolinguistiche e strutturali – delle varietà di lingua italiana utilizzate in Eritrea, alla luce delle dinamiche diacroniche interne al diasistema italiano-dialetti e delle relazioni con le parlate del repertorio plurilingue locale. Il territorio eritreo costituisce, in effetti, un’area di contatto fra lingue e culture estremamente ricca, in cui ai diversi idiomi endemici si è aggiunto, a partire dalla fine del XIX secolo, anche l’italiano, ampiamente diffuso nel periodo della colonizzazione (1890-1941), la cui effettiva presenza, consistenza e configurazione non sembra tuttavia esaminata in letteratura in modo esaustivo né per il passato né per il presente.
Attraverso la consultazione di fonti non convenzionali e la conduzione di indagini sul campo, la ricerca è finalizzata alla raccolta di rilievi che consentano di individuare ruoli e statuti della lingua italiana nel corso del XX secolo e nel contesto contemporaneo; di delineare se e in che termini le varietà d’italiano migrate siano state e siano oggi soggette a fenomeni di semplificazione, rilessicalizzazione, ibridazione o erosione; se le conformazioni attuali siano caratterizzate in rapporto a variabili quali l’età, il livello di alfabetizzazione, il ruolo di etno-parlanti (con l’italiano come lingua materna [LM] o lingua etnica [LE]) o neoparlanti (con italiano come lingua seconda [L2] o lingua straniera [LS]); di verificare se all’italiano e all’italianità siano state e siano oggi associate specifiche rappresentazioni identitarie e culturali, valori o disvalori che possano incidere sulle rappresentazioni di attrattività maturate sia da parte di discendenti di famiglie d’origine italiana o mista sia da parte dei nativi.
La raccolta di testimonianze, autobiografie linguistiche ed etnotesti mira alla realizzazione di un corpus di dati testuali trattabile computazionalmente che consenta lo studio delle specificità delle varietà d’italiano rappresentate – frutto d’insegnamento formale o esito di processi di autoapprendimento e acquisizione spontanea – e l’individuazione di eventuali tratti e modelli legati a varietà diacronicamente, diatopicamente o diafasicamente marcate (residui di dialetti e italiani regionali di migrazione storica; modelli scolastici veicolati dall’insegnamento; elementi innovativi introdotti dai nuovi media; ecc.) così come fenomeni acquisizionali caratterizzati da sistematicità interna alle interlingue o esiti di fenomeni di contatto con le lingue materne endogene. Scopo conclusivo non è soltanto quello di giungere a definire – possibilmente anche in una prospettiva predittiva degli scenari futuri di diffusione, resistenza o regressione – lo stato dell’arte sui pubblici dell’italiano nell’Eritrea contemporanea e sui modelli linguistici e culturali assunti a riferimento dai parlanti, ma anche di raccogliere e analizzare in diacronia e in sincronia dati acquisizionali idiolinguistici e rilievi linguo-specifici che possano fornire utili contributi anche nell’ottica dell’insegnamento dell’italiano come idioma etnico e come lingua straniera al di fuori della comunità degli utenti nativi, nonché come lingua seconda nei percorsi scolastici e di alfabetizzazione propri dei contesti del neoplurilinguismo migratorio italiano contemporaneo.
Considerata la repubblica digitale più avanzata al mondo, leader dell’innovazione e culla di startup, l’Estonia ha visto nell’ultimo decennio decuplicare sul proprio territorio le presenze di giovani italiani con progetti migratori di breve, media o lunga prospettiva verso contesti professionali, sociali e culturali dalle coloriture cosmopolite e internazionali.
Il Progetto si fonda in primo luogo sui dati di un’inchiesta sociolinguistica basata sulla conduzione di interviste e la somministrazione di questionari con l’obiettivo di individuare le specificità delle abitudini linguistiche assunte da questa particolare tipologia di expat che – di norma senza conoscere l’estone – nella loro nuova quotidianità utilizzano l’inglese come principale se non esclusiva lingua degli ambiti lavorativi, culturali e di evasione. In secondo luogo, attraverso indagini sul campo, il Progetto si propone di rilevare contesti, dispositivi e dinamiche dei fenomeni di commutazione di codice rilevabili nelle interazioni esolingui e dei cambi di lingua all’interno delle cerchie dell’italofonia migrante.
Uno specifico focus viene posto sui rilievi da osservazione diretta di conversazioni spontanee in inglese fra coppie e gruppi plurilingui con lo scopo di mettere a fuoco le circostanze in cui – con una sorta di capovolgimento dei ruoli interazionali – sono i parlanti non italofoni a ricorrere all’italiano, adottandolo quindi – per brevissime battute o più ampi inserti – come codice eteroglotto, di volta in volta rappresentativo di finalità scherzose o ironiche, di motivazioni empatiche o didascaliche, di espressioni di complicità o, all’opposto, di presa di distanza. Obiettivo finale di questo segmento di studi è di giungere a delineare un quadro dei ruoli funzionali e delle spinte motivazionali che, all’interno di conversazioni condotte in una lingua veicolare non marcata, possono indurre un parlante a introdurre il codice nativo dell’interlocutore pur senza conoscerlo o padroneggiarlo compiutamente, in una sorta di commutazione di codice rovesciata.
Progetto di ricerca interdipartimentale
Cofinanziamento FONDAZIONE CRT – Ricerca e Istruzione Erogazioni Ordinarie 2021
L’ACCESSIBILITÀ DEI TESTI NORMATIVI COME DISPOSITIVO DI INCLUSIONE:
STUDIO DI CASO E STRUMENTI APPLICATIVI IN VALLE D’AOSTA
Responsabili scientifici: Antonio Mastropaolo – Luisa Revelli
in collaborazione con Daniele P.Radicioni, Dipartimento di Informatica, Università degli Studi di Torino
Collocato in un’area d’intersezione fra diritto, linguistica e informatica, il progetto si propone di favorire la diffusione di consapevolezze e buone pratiche in tema di redazione dei testi legislativi e regolamentari con l’obiettivo di portare miglioramenti sia nel circuito istituzionale, sia rispetto alle esigenze di accessibilità e leggibilità delle disposizioni normative dei cittadini.
Il focus si concentra sulla produzione legislativa e regolamentare della Regione Valle d’Aosta dell’ultimo cinquantennio con l’obiettivo di definire un modello descrittivo della varietà di categorie testuali e delle loro relazioni con le soluzioni linguistiche adottate per veicolare contenuti semantico–informativi di matrice giuridica.
A fondamento del progetto si pone il principio della comprensibilità dei testi normativi, considerato imprescindibile per la piena intellegibilità della legge da parte dei suoi destinatari finali: i cittadini.
Obiettivo conclusivo è di fornire un modello teorico corredato da strumenti basati su tecniche di elaborazione automatica del linguaggio naturale che risponda a necessità di redazione testuale ispirate ai principi della scrittura controllata.
Parole chiave: comunicazione giuridico-amministrativa, democrazia linguistica, trasparenza, semplificazione, leggibilità, comprensibilità, buone prassi nella comunicazione pubblica, inclusione sociale, interpretazione delle norme.
PUBBLICAZIONI: http://www.aitla.it/images/pdf/StudiAItLA14/008_AItLA14_RevelliMastropaoloRadicioni.pdf
Progetto di Ateneo
Ideazione e coordinamento scientifico: Luisa Revelli.
Comitato scientifico: Juri Meda (Università degli Studi di Macerata); Bruno Moretti (Università di Berna); Tullio Telmon (Università degli Studi di Torino)
Caporedattrice dell’archivio digitale: Hélène Champvillair
Accordi di cooperazione scientifica: Groupe de Recherche Projet Ecriscol, Unité de Recherche CLESTHIA – Langage, systèmes, discours – Université Sorbonne Nouvelle Paris 3
Pubblicazioni: http://codissc.it/pubblicazioni-codissc-codisv-prodotti-della-ricerca
Nell’ambito degli studi di settore della Linguistica italiana, il presupposto dell’omogeneità linguistica è stato messo in discussione ormai da tempo e soprattutto con l’avvento della prospettiva sociolinguistica, che ha offerto variegati strumenti di analisi delle lingue come sistemi complessi articolati in più varietà. Tali varietà, definibili come sottoinsiemi omogenei delle modalità di uso di un idioma, sono caratterizzate da serie specifiche di tratti che le differenziano le une dalle altre e che sono correlate a particolari tipi di condizionamenti di natura geografica, storica, sociale, funzionale, ecc. Il Progetto si inscrive in questa prospettiva e – in prosecuzione del precedente PLURILINGUISMI ENDOGENI NELL’ITALIA POSTUNITARIA: VALLE D’AOSTA, intende indagare i diversi tipi e statuti delle varietà di italiano impiegate in Valle d’Aosta, le loro specificità e caratteristiche funzionali, i loro rapporti reciproci con i codici endogeni, con particolare attenzione ai fenomeni di contatto e di reciproca influenza e ai cambiamenti diacronici intervenuti nel repertorio locale a partire dall’Unità d’Italia.
Progetto di Facoltà
Sezione di Studi linguistici e testuali
linguistica del contatto – rappresentazioni e atteggiamenti – italofonie migranti – italiani del Corno d’Africa
analisi quantitativa e qualitativa di testi e varietà della lingua italiana – frequenze lessicali – lessici di frequenza – strumenti computazionali per l’analisi testuale
ANTROPONOMASTICA: genesi e fissazione del sistema bimembre – origine e diffusione tipi cognominali – onomastica del contatto – onomastica migrazionale – primi nomi: voghe storiche e diacronia
TOPONOMASTICA: polimorfie nelle aree di contatto linguistico
norma grammaticale e norma dei parlanti – modelli scolastici – scritture scolastiche – scritture semicolte – varietà d’apprendimento – italiano postunitario – italiani regionali – grammaticografia – rappresentazioni del sistema alfabetico e ortografico
acquisizione della lingua italiana come LM e come L2 – didattica della lingua italiana – educazione linguistica integrata – tecniche glottodidattiche – formazione degli insegnanti
Italian taught and learned in Estonia: experiments and research at Tallinn University.
Abstract The contribution intends to present the objectives, methods and results of an action-research experience carried out within an Italian language course at Tallinn University. Through the use of multiple techniques and tools, the aim was to stimulate students’ motivation by providing them with more opportunities for practical use of the Italian language. The adopted methodological model and the corpus of written and oral materials collected during the course allowed for the extraction of concrete data covering the learning characteristics of Italian by Estonian-speaking individuals, a field that has not yet been the subject of specific studies.
Keywords Estonian-speaking individuals, Italian as L2, teaching of Italian outside of Italy, glottodidactic techniques, corpus of Italian as L2
Il 18 giugno 2024 il Senato ha approvato in prima lettura il DDL 935 per l’introduzione di Modifiche alla parte seconda della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica. A partire da analisi di taglio linguistico-giuridico il contributo si propone di verificare la conformità del testo ai principi di linearità e chiarezza che avevano ispirato i lavori dei costituenti nelle diverse fasi di stesura della Carta; si propone parallelamente di identificare le formulazioni che per la loro struttura espositiva possono alimentare difficoltà di lettura e/o interpretazione. Scopo complessivo è di esaminare le Modifiche cogliendo la sollecitazione formulata da Carofiglio nel suo Con parole precise. Breviario di scrittura civile: quella di rispondere «a due domande semplici e fondamentali. La prima è perché? Perché chi ha scritto questo testo lo ha scritto in questo modo? La seconda è come? Come si sarebbe potuto scrivere questo testo per renderlo adeguato, efficace, onesto?».
Reading movements and times are a precious cue to follow reader{‘}s strategy, and to track the underlying effort in text processing. To date, many approaches are being devised to simplify texts to overcome difficulties stemming from sentences obscure, ambiguous or deserving clarification. In the legal domain, ensuring the clarity of norms and regulations is of the utmost importance, as the full understanding of such documents lies at the foundation of core social obligations and rights. This task requires determining which utterances and text excerpts are difficult for which (sort of) reader. This investigation is the aim of the present work. We propose a preliminary study based on eye-tracking data of 61 readers, with focus on individuating different reader profiles, and on predicting reading times of our readers.
Riassunto
Il sistema di articolazione delle preposizioni italiane si è a lungo sottratto a una standardizzazione: l’affermazione delle forme attualmente impiegate è frutto di convenzioni che, con alterne vicende, negli ultimi due secoli hanno indirizzato verso le rese sintetiche o analitiche sulla base di principi almeno apparentemente eterogenei e discrezionali. Partendo dall’ipotesi che i modelli proposti nell’insegnamento scolastico tra Ottocento e Novecento abbiano svolto un ruolo centrale nell’indirizzare le scelte dei parlanti, il contributo analizza in prospettiva evolutiva le norme indicate in un campione di grammatiche didattiche e, in parallelo, le rese testimoniate in un ampio corpus di quaderni di scuola. La definizione degli snodi che hanno condotto alla stabilizzazione dell’attuale inventario di forme sollecita la conduzione di analisi e interpretazioni di differente prospettiva a proposito di una classe di parole che ancora oggi, non soltanto nelle presentazioni scolastiche, si caratterizza per uno statuto grammaticale ibrido che la rende ideale come caso di studio.
Abstract
The articulation system of Italian prepositions has long eluded standardisation: the affirmation of the currently employed forms is the result of conventions that, with alternating vicissitudes, over the last two centuries, have steered towards synthetic or analytical forms based on principles that appear to be heterogeneous and discretionary. Starting from the hypothesis that the models proposed in school teaching between the 19th and 20th centuries played a central role in directing the choices of the speakers, this contribution analyses the norms indicated in a sample of didactic grammars from an diachronic perspective. In parallel, it examines the forms testified in a large corpus of school exercise books. The definition of the junctures that led to the stabilisation of the current inventory of forms prompts the conduct of analyses and interpretations with a different perspective on a class of words that, still today, not only in in educational contexts, is characterised by a hybrid grammatical status that makes it ideal as a case study.
Starting from the testimonies documented in a corpus of travel reports belonging to very different textual genres but united by their temporal collocation in the first forty years of the second half of the 19th century, the contribution proposes to focus on the images of Italian travellers in contact with the linguistic-communicative universes of pre-colonial Abyssinia. Representations, attitudes, meta- and epilinguistic annotations about the local repertory realities are analysed through the use of indicators deemed representative of subjectively perceived linguistic-communicative diversity and at the same time of the ethnolinguistic sensibilities of the time. The final aim is to outline the effects of the contact between Italian travellers and the languages and peoples of the Horn of Africa at a time still immune to, or barely touched by, the ideological and cultural conditioning that in the immediately following phases would lead to support policies inspired by principles of linguistic substitution.
Keywords: resoconti di viaggio, Abissinia precoloniale, contatto interlinguistico.
DOI: 10.23814/ethn.19.23.rev
The presence of the Italian language in Estonia is a recent and quantitatively limited phenomenon: only since the beginning of the new millennium has the Baltic country become an attractive destination for young Italian speakers looking for an unusual and cosmopolitan destination, attractive for its technological and ecological primates. However, Italian in Estonia is not only the language of Italian speakers: mainly through them or in any case within their relational networks, especially but not only in mixed family contexts, it is known by people of different mother tongues who practice it at least occasionally, as a heteroglot code. After presenting the main evidence emerging from a sociolinguistic investigation, the contribution focuses on the analysis of the phenomena of alternation between Italian and the other languages present in the area. The discussion of examples collected through direct observation of natural conversations between couples, families and linguistically mixed groups draws attention to cases of reversal that occur when speakers’ expectations are disregarded because within a conversation Italian is suddenly replaced by another language or, on the contrary, is unexpectedly introduced.
La presenza dell’italiano in Estonia è fenomeno recente e quantitativamente limitato: soltanto dall’inizio del nuovo millennio il Paese baltico è diventato meta desiderabile per giovani italofoni alla ricerca di una destinazione inconsueta e cosmopolitica, attrattiva per i suoi primati tecnologici ed ecologici. L’italiano in Estonia non è però soltanto la lingua degli italofoni: principalmente per il loro tramite o comunque nell’ambito delle loro reti relazionali – soprattutto ma non soltanto nei contesti familiari misti – è conosciuto da persone di differente lingua materna che lo praticano almeno occasionalmente, come codice eteroglotto. Dopo aver presentato le principali evidenze emerse da un’inchiesta sociolinguistica, il contributo si concentra sull’analisi dei fenomeni di alternanza tra l’italiano e le altre lingue presenti sul territorio. La discussione di esempi raccolti attraverso l’osservazione diretta di conversazioni naturali fra coppie, nuclei familiari e gruppi linguisticamente misti colloca il focus sui casi di rovesciamento che si verificano quando le aspettative del parlante italofono sono disattese perché l’italiano adottato come codice-base viene dall’interlocutore sostituito con altra lingua o al contrario è inaspettatamente introdotto.
Considered to be the most advanced digital republic in the world, Estonia has seen, in the last decade, a tenfold presence increase on its territory of Italians with short, medium or long-term migration projects towards professional, social and cultural contexts with cosmopolitan and international overtones. An investigation based on the conduction of sociolinguistic interviews, the administration of questionnaires and the realization of observational surveys in the field aimed at focusing on the linguistic habits of this particular typology of Italian speakers who, in their new daily life, use English as the main language of their working, cultural and escapist environments, but who at the same time – immersed in a context of polylanguaging – create linguistic polygamies that escape the canonical evolutionary patterns of migrant linguistic repertoires.
Parole chiave: italofonia migrante; superdiversità; plurilinguismo familiare; mixité coniugale.
Una delle molte cose che vengono a mancare con la perdita di uno studioso che – come ATK – ha lasciato scritti in cui concetti e teorie sono illustrati con esemplare chiarezza e dovizia di dati è la possibilità di approfondimento di tematiche che il tempo non ha invece concesso di esplorare se non attraverso provvisorie ipotesi di lavoro. È il caso, a quanto mi risulta, di un dispositivo conversazionale da contatto che ATK aveva intercettato negli anni più recenti e identificato come fenomeno interlinguistico innovativo e distintivo delle giovanissime generazioni, non riconducibile ai modelli canonici dell’alternanza e mescolanza di codice. Il contributo non si propone certamente di colmare lacune né di sciogliere nodi rimasti irrisolti; aspira tutt’al più a rappresentare – attraverso il recupero nella memoria di stralci di dialoghi occasionali sull’argomento, e quindi con tutti i limiti di un tentativo di mimesi parziale e soggettiva – l’attitudine alla militanza scientifica che impregnava la vita di ATK anche nei contesti più spontanei e informali, e che forse soltanto in quei contesti ha fatto emergere il suo interesse per quei pluriparlismes che il tempo non le ha concesso di indagare come avrebbe voluto e da par suo certamente saputo fare.
A partire dagli esiti di ricerche condotte nell’ambito di un Progetto dedicato alla definizione di spazi e ruoli della lingua italiana in Eritrea, il contributo concentra l’attenzione sulla dimensione dell’interazione interetnica proponendosi di osservare le strategie comunicative e i dispositivi di interazione degli italofoni e la popolazione locale in tre differenti fasi storiche: precoloniale, postcoloniale e contemporanea. Lo studio – basato su fonti inedite rappresentative delle esperienze di parlanti comuni: diari e autobiografie scritte e orali, testimonianze elicitate tramite interviste e osservazioni sul campo – si propone di evidenziare come le dinamiche dell’interazione esolingue, rimodulandosi nel corso del tempo, possano risultare rappresentative anche delle diverse fasi della diffusione, del prestigio e della vitalità della lingua italiana nel Paese del Corno d’Africa.
Parole chiave: italiano migrante, comunicazione interetnica, interazione esolingue, Corno d’Africa
This contribution introduces a theoretical-methodological paradigm framed in an interdisciplinary research project at the intersection among law, linguistics and natural language processing, focused on the legislative and regulatory production of Valle D’Aosta Region, as a limited though autonomous body of rules. Main target of the project is the notion of underdetermination, that is the property of juridical utterances to allow language to convey different, alternative interpretations. The experimental methods employed for the field survey are illustrated, along with the applications of digital humanities used to devise a descriptive model of phenomenology and linguistic realities of underdetermination. The final aim of the project is to describe and to track underdetermination in the many different forms it takes in the wide range of the different text typologies encompassed in the juridical field.
Cet article examine les manières de donner à voir les écrits scolaires en respectant leur sémiotique propre, fondée à la fois sur la spatialisation et sur la stratigraphie de l’écriture. À partir des travaux de sémiotique et de génétique textuelle, il explicite les choix de transcription et de traitement opérés dans deux bases d’écrits d’élèves existantes, l’une française et l’autre italienne, pour étudier les transformations que les spécificités et les conventions de l’écriture scolaire imposent aux méthodes forgées sur d’autres écrits.
This article deals with ways of showing school writings while respecting their own semiotics, based both on the spatialization and on the stratigraphy of writing. From the work of semiotics and textual genetics studies, it explains the choices of transcription and processing that occurred in two existing student writing databases, one French and the other Italian, in order to study the transformations that the specificities and the conventions of school writing impose on the methods forged on other writings.
https://www.cairn.info/revue-langue-francaise-2021-3.htm
Correntemente considerato trasparente per gli elevati livelli di corrispondenza fonema/grafema, il sistema grafematico-ortografico italiano presenta in realtà ampie zone d’opacità, in cui – più ancora degli errori evolutivi tipici delle prime fasi di apprendimento – si concentrano le devianze destinate a cristallizzarsi nelle scritture meno competenti o sorvegliate. Sulla base di tali premesse, il contributo si propone di illustrare i risultati di uno studio longitudinale condotto su un ampio corpus di scritture scolastiche con lo scopo di verificare quali conversioni e convenzioni si sottraggano più frequentemente all’automatizzazione di corretti dispositivi di output. Dopo la presentazione del modello teorico-descrittivo idiolinguistico attraverso il quale si è proceduto a ripartire tipologicamente le norme della codifica ortografica, vengono fornite a proposito dei fenomeni più generalizzati e persistenti interpretazioni che si propongono di mettere in rilievo i ruoli che le capacità di riflessione metalinguistica implicate, le ipotesi e rappresentazioni dei soggetti scriventi a proposito del sistema e i loro giudizi impliciti nei riguardi di singole norme ortografiche possono svolgere nei processi di applicazione o mancata applicazione delle convenzioni più complesse, controintuitive o infrequenti della lingua italiana.
An emblematic “anti-spoken” canon, the linguistic variety offered as the standard model in Italian schools following national unification, while showing some signs of evolution over time, has remained relatively artificial and resistant to change. The lexical frequencies documented for scholastic Italian can therefore be intrinsically unaligned with those of the base vocabulary, as well as with data for apparently similar varieties of Italian. This implies a need for interpretive models that assess quantitative data in light of the complex paradigmatic relations among potential competing usages as well as the multi-layered connections between the number and type of meanings observed across different contexts of use. In this paper, I review the scholastic Italian modelled by teachers in the first 150 years after unification, with a view to assessing the strengths and weaknesses of applying lexicometric parameters to a linguistic variety that was targeted at an inexpert audience but specialist in nature, informed by lofty ideals but conditioned by practical educational needs, and constantly evolving yet resistant to the pull of contemporary living varieties.
Onomastica del contatto italo-eritreo
Autore: Luisa Revelli
In: Africa. N.S. I/1,2019
ABSTRACT
https://www.torrossa.com/en/resources/an/4510640
The linguistic-cultural contact between the Italian language and the different endogenous codes of Eritrea can be described as prolonged and bilateral, despite being at the same time characterized by heterogeneity, asymmetry and top-down dynamics. The re ections of this contact on the repertoire of proper names, which can be present or absent depending on the historical or cultural setting, prove the complexity of the socio-cultural representations naturally developed by the speakers as well as the motivations connected to the language planning choices made by the political élite. Founded on eld research, and also on written and oral sources, this contribution aims to propose some onomastic paradigms useful to interpret, both in a diachronic and synchronic perspective, the articulate and multifaceted effects of the contact between Eritrean and Italian languages mainly in the area of Asmara, but also in the whole Eritrean territory, as well as the retroactive impacts on Italian onomastics.
keywords: italian; contact; linguistic landscape; onomastics.
With specific reference to the Italian education system, the paper outlines strengths and weaknesses in the language training of primary teachers, who, once they have fulfilled the current statutory requirement to complete a five-year master’s degree course, are licensed to teach all the subjects on the primary school curriculum, including Italian as children’s mother tongue (L1) or second language (L2) and English as a foreign language (FL). In examining the training needs of students entering primary education teacher’s degree courses, I bring to light and illustrate critical issues that can undermine the credibility of “language teachers”’ work and role, given that language, as well as requiring to be taught in its own right, is both a medium of communication and a vehicle for knowledge contents from other disciplines.
Keywords: teacher education; language teachers; language education; primary school.
Emblem of a formal register, the linguistic variety proposed as a model in the Italian school system ever since National Unity is characterized by a lasting artificiality and a strong unwillingness to innovate, even within a frame of progressive slow changes along its historical development. That’s why lexical frequencies recorded for “Scholastic Italian” can appear as inherently inconsistent, contrasting with basic vocabulary, even contradictory compared with other apparently similar Italian varieties. Consequently, to study their configuration it’s necessary to adopt analysis models capable to interpret quantitative data (volume figures) in the light of the complexity of paradigmatic relations between concurring solutions and of the composite connections between number and type of meanings exhibited in current use. By taking in consideration as a case study Scholastic Italian used by teachers during the first 150 years of the national school system, and starting from the data collected by the diachronic corpus of CoDiSV, the contribution aims at verifying opportunities and criticalities of lexicometric analysis applied to such a linguistic variety, that is addressed to an unsophisticated audience, yet characterized by a specialized point of view; of high aspirations, but influenced by educational needs; constantly evolving and yet always recalcitrant to the solicitations of the contemporary language.
Emblema di un canone ‘antiparlato’, la varietà linguistica proposta a modello nella scuola italiana a partire dall’Unità nazionale, pur presentando in diacronia evidenti tratti evolutivi, si caratterizza per una duratura tendenza all’artificiosità e per una marcata refrattarietà all’innovazione. Le frequenze lessicali documentate nell’italiano scolastico possono, per queste ragioni, risultare discordanti in rapporto a quelle del vocabolario di base, presentarsi come intrinsecamente poco coerenti, contraddittorie rispetto alle evidenze rintracciabili in varietà d’italiano apparentemente affini: lo studio delle loro configurazioni richiede, pertanto, modelli di analisi capaci di interpretare i dati quantitativi alla luce della complessità delle relazioni paradigmatiche tra le potenziali soluzioni concorrenti nonché dei compositi rapporti tra numero e tipologia delle accezioni testimoniate nei concreti impieghi contestuali. Assumendo l’italiano scolastico proposto dagli insegnanti nei primi centocinquant’anni di scuola nazionale a caso di studio, a partire dai dati ricavati dal corpus diacronico del CoDiSV, il contributo si prefigge allora di verificare opportunità e criticità poste dall’applicazione di parametri lessicometrici a una varietà linguistica al contempo rivolta a un pubblico ingenuo e connotata in prospettiva specialistica, di aspirazione elevata ma condizionata da esigenze didascaliche, in costante evoluzione e ciò malgrado costantemente recalcitrante rispetto alle sollecitazioni della lingua viva e coeva.
L’inventario grafematico ricevuto in eredità dalla lingua latina ha conquistato tardivamente in ambito italiano un proprio assetto definitivo: la soltanto parziale biunivocità tra segni e suoni e la presenza di simboli polivalenti, incongrui o ridondanti, hanno impedito fino al XX secolo che l’identificazione delle lettere dell’alfabeto risultasse codificata in modo stabile e condiviso. A partire da questi presupposti, il contributo si propone di analizzare le modalità attraverso le quali le informazioni relative a denominazione, genere, numero e statuto dei grafemi italiani sono presentate e definite all’interno di un ampio corpus di testi scolastici destinati alla prima alfabetizzazione (grammatiche e sillabari) stampati o ristampati tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento. Obiettivo finale è di verificare se e in che misura le rappresentazioni veicolate attraverso l’insegnamento scolare possano, agendo dal basso e attraverso schematizzazioni motivate da esigenze didascaliche, aver contribuito nel periodo considerato alla definitiva configurazione del paradigma dell’inventario grafematico con effetti a livelli anche più profondi di quello meramente alfabetico-ortografico.
A partir de l’examen des contextes dans lesquels l’adjectif italien « prossimo » est utilisé pour exprimer des déterminations temporelles la contribution se propose d’analyser les processus pragmatiques et cognitives, intra- et inter-linguistiques, qui peuvent engendrer des interprétations divergentes ou des malentendus en particulier quand le déictique est accompagné par des unités de temps représentées par les noms des jours de la semaine.
L’insegnamento scolastico utilizza tradizionalmente il dispositivo della riflessività linguistica facendo riferimento a un metalinguaggio grammaticale che – a prescindere dagli aspetti contenutistici e dalle scelte metodologiche, più o meno variabili nelle diverse epoche storiche, ai differenti livelli scolari e a seconda degli stili d’insegnamento – viene di norma considerato lingua di lavoro necessaria per il potenziamento delle competenze linguistiche. Caratteristica della terminologia metalinguistica è però l’indefinitezza: significative discontinuità si riscontrano in diacronia, con l’evolvere dei sistemi linguistici e dei modelli adottati per descriverli; ambiguità e incoerenze dovute a polisemie e ridondanze sinonimiche caratterizzano, anche in sincronia e pure negli ambiti specialistici, gli apparati nomenclatori descrittivi di una stessa lingua e, a maggior ragione, di lingue diverse.
A partire da questi presupposti il contributo si propone di identificare i logonimi caratteristici del linguaggio grammaticale impiegato nel primo cinquantennio postunitario per l’alfabetizzazione primaria, quindi nelle classi della scuola elementare ampiamente intesa, ossia in essa comprendendo anche le diverse iniziative di istruzione del popolo – scuole festive e serali, rurali, popolari – che mettevano a disposizione un’offerta di istruzione di base per una platea il più estesa possibile. Senza ambire a fornire risposte circa l’effettiva opportunità e efficacia dell’utilizzo di una nomenclatura specifica per l’educazione linguistica iniziale, ci si propone insomma di censire le etichette assunte e proposte per fare riferimento a concetti, categorie, nozioni descrittive della lingua nazionale e delle sue modalità di funzionamento con scopi di insegnamento formale che – in un’Italia ancora in prevalenza dialettofona e analfabeta – perseguivano l’indifferibile obiettivo di avvicinare alla lingua nazionale tutti gli italiani.
Nel rilevare i casi di polimorfia o concorrenza all’interno del serbatoio terminologico grammaticale ci proponiamo di verificare anche se quella tendenza alla parcellizzazione nomenclatoria spesso addebitata all’insegnamento grammaticale tradizionale sia rilevabile e documentata, nello specifico spaccato storico preso in esame, anche relativamente all’ambito della scuola di base.
Le fonti considerate sono, in primo luogo, costituite da un corpus di grammatiche inscrivibili nella categoria della manualistica scolastica, destinate agli alunni della scuola elementare, inferiore e superiore. Al fine di verificare come e quanto le proposte grammaticali della manualistica trovino effettivo riscontro operativo nelle prassi didattiche è poi presa a riferimento una seconda tipologia documentaria: quella rappresentata in esercitazioni e compiti contenuti in un corpus di quaderni di scuola datati tra il 1880 e il 1915 conservati in copia digitale all’interno dell’archivio del Progetto CoDiSV (Corpus Digitale delle Scritture scolastiche d’ambito Valdostano).
Infine, sono tenute presenti le indicazioni dei testi ministeriali del periodo postunitario e quindi le raccomandazioni relative al programma e ai contenuti ritenuti ineludibili nell’educazione linguistica elementare.
La comparazione delle tre categorie di fonti – condotta attraverso un approccio quali-quantitativo, ovvero tenendo in cauta considerazione anche alcuni aspetti legati alla frequenza delle occorrenze dei singoli lessemi del vocabolario metalinguistico – si propone in sintesi di verificare l’uniformità e stabilità della nomenclatura impiegata e, seppur per riflesso indiretto, di formulare alcune considerazioni rispetto alla coerenza tra le indicazioni programmatiche nazionali, i contenuti della manualistica scolastica e le prassi di didattica della grammatica concretamente messe in atto nella scuola elementare del primo cinquantennio postunitario.
Scriveva Giovan Battista Pellegrini (1990, 4-5): «il patrimonio toponimico italiano dovrebbe essere preservato da frequenti storpiamenti, dato che si tratta di una eredità avita, da difendere e valorizzare anche con varie finalità pratiche e scientifiche». Gli ‘storpiamenti’ cui i toponimi sono soggetti, tuttavia, sono in genere fenomeni che – rientrando nelle naturali dinamiche storico-evolutive – non soltanto rappresentano usuali manifestazioni dei cambiamenti cui tutte le lingue vive sono soggette, ma risultano anche molto difficilmente arginabili. Mettere un toponimo sotto tutela corrisponde, in effetti, a sottrarlo ai processi di cambiamento o anche di usura cui naturalmente è esposto, e restituirgli artificialmente una ricollocazione in momento per così dire ‘aureo’ e in una fase storica arbitrariamente data. Nelle aree plurilingui in cui più significativamente hanno agito processi di avvicendamento e stratificazione di codici differenti decidere quale sia questa fase storica da privilegiare corrisponde a una precisa decisione culturale, che può quindi implicare anche scelte identitarie e politiche. Di per sé l’operazione può comunque essere facilmente condotta relativamente alla forma scritta: cambiare le grafie dei toponimi nella cartografia e nella segnaletica stradale per ripristinare forme etimologiche o ritenute storicamente più fedeli alla tradizione può avere un costo in termini economici, ma risulta tutto sommato realizzabile. Molto più faticoso è intervenire sui comportamenti dei parlanti: la scuola può agire sulle generazioni più giovani nel veicolare soluzioni ortografiche e modelli relativi a norma e errore, ma i comportamenti concreti, e soprattutto quelli orali, sono soggetti ad abitudini consolidate dalle tradizioni del parlato e al contempo mossi dall’identità multiforme delle comunità, fattori dotati di una forza più intensa di quella di cui può essere portatrice una norma astrattamente determinata.
Sulla scorta di queste premesse, il presente lavoro si propone di presentare una sintesi dei risultati di una ricerca condotta in Valle d’Aosta con lo scopo di registrare i fenomeni di variazione riscontrabili nella pronuncia di alcuni toponimi comunali regionali, ufficialmente accolti nella sola versione francesizzante e di conseguenza particolarmente esposti nell’area a fenomeni di polimorfia e sovrabbondanza, e di correlare le diverse forme compresenti e concorrenti a variabili legate alle caratteristiche anagrafiche e sociolinguistiche dei parlanti.
Estratto
Recensione di LYDIA FLÖSS in RION – Rivista Italiana di Onomastica, vol. XX, nº 2, anno XX – secondo semestre 2014, pp. 744-745.
Conçue comme cadrage d’introduction aux deux jours de séminaire consacré aux «langues faibles» organisée conjointement par le CIEBP et par l’Université de la Vallée d’Aoste (Aoste, 28-29 Octobre 2016), la contribution vise à fournir quelques réflexions pour la discussion des concepts de langue faible– langue forte, qui, selon la perspective adoptée, peuvent exprimer des significations très différentes et même antithétiques. Dans le but de mettre en évidence la valeur relative des deux locutions, sont proposées des réflexions à propos du rôle joué par les représentations individuelsqui, formulées sur la base de évaluations culturelles, identitaires, idéologiques, politiques, économiques mais aussi esthétiques et émotionnelles, peuvent influencer les options de change, alternance, conservation et transmission intergénérationnelle des langues de famille, les choix de récupération des langues d’origine, les attitudes adoptées dans les étapes d’apprentissage des langues maternelles et étrangères et, plus généralement, peuvent modifier les perceptions individuelles et collectives de forceou de faiblessedes langues proches et lointaines, les siennes propres et celles des autres.
Nella lingua italiana dell’ultimo secolo e mezzo i principi d’uso dei pronomi allocutivi singolari – tradizionalmente corrispondenti al sistema tripartito delle forme Lei (massima distanza); Voi (formalità media) e Tu (confidenza) – hanno subito importanti trasformazioni, indotte dal profondo modificarsi dei rapporti sociali e della fenomenologia dei codici della comunicazione interpersonale. L’evoluzione delle caratteristiche dell’interazione bambino-adulto, storicamente caratterizzata da forte asimmetria degli interlocutori, rappresenta uno degli esempi di cambiamento più evidenti: la formalità che storicamente caratterizzava le relazioni diadiche del bambino in ambito familiare e scolastico ha infatti condotto nel corso del Novecento al passaggio a forme confidenziali grammaticalmente rappresentate da una progressiva espansione dell’uso del tu reciproco.
Il contributo si propone allora di analizzare tappe e fenomeni evolutivi riscontrabili nei formati interazionali testimoniati nelle scritture scolastiche, nella convinzione che nel riflettere il modificarsi dei rapporti tra l’universo dei bambini e quello degli adulti di riferimento gli usi allocutivi manifestati attraverso la deissi sociale consentano di mettere a fuoco, insieme al mutamento degli stili comunicativi, anche, secondo lo spunto tematico proposto dal titolo del volume al cui interno il contributo si inserisce, l’intercarsi in diacronia di stili di vita e stili di scuola che hanno caratterizzato l’ultimo secolo e mezzo.
Taking off from a survey carried out in the Aosta Valley to study the different phonetic actualizations of some local place-names, the first part of our contribution (published pages 15-28, ESP n° 35, December 2013) summed up the attitudes of speakers towards the variety of pronunciations, by discussing the opinions, evaluations and feelings spurred by the presence of alternative solutions. The second part, published here, concludes our presentation of the main results of the survey by an in-depth analysis of the role played by the interpretation of polymorphic representations, which does not seem to influence people’s real linguistic behavior, but which certainly colors their perception of the positive or negative value of the quantity of varieties in competition – alternatively described as spontaneous and natural, as disagreeable occurrences or as a resource to be preserved and protected – which at the same time can be interpreted in terms of images of plurilingualism.
A partir des données d’une enquête menée dans la Vallée d’Aoste pour étudier les différentes réalisations phonétiques de certains noms de lieux locaux, la première partie de notre contribution (publiée pages 15-28 d’ESP n° 35, décembre 2013) s’est proposée de résumer les attitudes des locuteurs envers la variété de prononciations, en discutant les opinions, évaluations et sentiments activés par la présence de solutions alternatives. La deuxième partie, publiée ici, conclut la présentation des principaux résultats de l’enquête en approfondissant le rôle joué par l’interprétation des représentations polymorphes, représentations qui ne semblent pas influer sur le comportement linguistique réel, mais qui agissent certainement sur la perception du côté positif ou négatif de l’abondance des variantes concurrentes – alternativement décrites comme spontanées et naturelles, comme événement désagréable ou comme ressource à préserver – et qui, en parallèle, semblent interprétables en termes d’images du plurilinguisme.
È ben noto che il ruolo svolto dalla scuola nel processo di diffusione della lingua nazionale nelle diverse aree della Penisola e presso sempre più ampi strati sociali è stato, e ancora oggi è, fondamentale. Esplorando gli scarti fra gli esempi proposti dai maestri e le concrete realizzazioni linguistiche degli alunni, le rappresentazioni dei mutevoli concetti di norma e errore testimoniati dagli interventi correttivi e l’ammodernarsi degli stili didattici tuttavia in progressiva reazione alla lingua dell’uso, il volume si propone di mettere a fuoco elementi di cambiamento e fenomeni di continuità che hanno contraddistinto i modelli linguistici proposti e accolti nel contesto scolastico dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, con lo scopo di giungere a delineare la configurazione di quella speciale varietà linguistica che, seppur con caratterizzazioni diverse nelle diverse fasi storiche, può trovare un denominatore comune nell’etichetta di italiano scolastico.
Placenames in the Aosta Valley reflect the historical phenomena of plurilingual stratification: though they underwent a process of written normalization, today – and sometimes more than ever – they are subject, in spoken language, to a proliferation of variations representing the varied linguistic profiles of speakers. The ’article presents les the results of a survey carried out in the Valley in order to count all the different phonetic realizations of a selection of placenames, to correlate competing forms with speakers’ personal and sociolinguistic characteristics, to detect the connections between types of pronunciation and evaluations of exactitude, social credibility, stigmatization, prestige and lastly to note the possible symbolic and identity markers attributed to toponyms as a reference to a supposed loyalty to the linguistic and cultural traditions of the region.
Les noms de lieux de la Vallée d’Aoste reproduisent les phénomènes historiques de la stratification plurilingue: bien qu’ayant fait l’objet d’interventions de normalisation graphique, encore aujourd’hui – et même à certains égards, aujourd’hui plus que jamais – ils sont exposés dans l’oralité à une prolifération de variantes représentatives des profils linguistiques diversifiés des locuteurs. L’article présente les résultats d’une enquête menée en VDA dans le but de recenser les différentes réalisations phonétiques d’une sélection de noms de lieux, de corréler les formes concurrentes aux caractéristiques personnelles et sociolinguistiques des locuteurs, de détecter les perceptions de connexion entre types de prononciation et évaluations d’exactitude, crédibilité sociale, stigmatisation, prestige et enfin de remarquer la possible valeur symbolique et identitaire attribuée aux toponymes comme référents d’une présumée fidélité aux traditions linguistiques et culturelles de la région
Cultural institutions such as libraries and archives play an important role in the preservation of, and access to, cultural heritage. The digitization of documents of an historical educational nature is essential to ensure the preservation of the collective memory of certain generations for schoolchildren, and its use for educational purposes allows a collective identity to be re-established, suitable for use on increasingly large subject groups. This article examines the benefits of digitizing a specific type of material related to school culture, exercise books, which have played a significant role in the history of the teaching and learning processes. It examines issues related to the conservation of these items and access to them, given their cultural heritage and their impact on the preservation and upkeep of the history of educational institutions. The main aspects and stages of the CoDiSV project, which aims to build a digital library of cultural assets, and educational and historical ones in particular, will then be discussed.
Il volume Scritture scolastiche dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, primo della Collana CoDiSV, esce in occasione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia ponendo il proprio focus su aspetti inconsueti di storia della lingua, della scuola, della cultura e della società che fonti minori come le scritture scolastiche, nella loro soltanto apparente ordinarietà , sono in grado di testimoniare più e meglio di qualsiasi altra fonte. La rassegna di studi spazia dall’ambito della linguistica applicata a quello della sociologia della scuola e della storia delle didattiche disciplinari, proponendosi di introdurre prospettive di studio inusuali e, al contempo, di mettere in rilievo le potenzialità di una collezione di quaderni che, seppur circoscritta a un’area territorialmente poco estesa, offre vaste prospettive di ricerca rispetto all’ampiezza e varietà degli ambiti di ricerca coinvolti e alla possibile generalizzazione dei risultati.
Contributi di Michel Borre, Fabrizio Bertolino, Hélène Champvillair, Stefania Graziani, Gianni Nuti, Anna Perazzone, Antonella Nuzzaci, Annamaria Pioletti, Gianmario Raimondi
In occasione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia, la Società di Linguistica Italiana ha affidato all’Università della Valle d’Aosta e all’Università degli Studi di Torino l’organizzazione del suo XLV Congresso Internazionale intitolato Coesistenze linguistiche nell’Italia pre- e postunitaria, con il proposito di ripercorrere le tappe che hanno portato all’affermarsi dell’Unità linguistica italiana e di esaminare, anche, il significato del multilinguismo e dell’educazione plurilingue nell’età della globalizzazione.
Il programma scientifico del Congresso, che si è aperto la mattina del 26 settembre e si è concluso nel pomeriggio del 28 settembre 2011, è stato molto denso: sono state, infatti, 48 le comunicazioni selezionate dal Comitato scientifico e ripartite nelle cinque sezioni parallele previste, e 8 le relazioni su invito svoltesi in seduta plenaria, cui si è affiancata l’esposizione di poster e lo svolgimento di quattro assemblee (del GISCEL – Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica; del GSCP – Guppo di Studio per la Comunicazione parlata; del CIEBP – Centre d’Information pour l’Education bilingue et plurilingue, oltre che della SLI) e di una Tavola rotonda.
Proprio la ricchezza del programma ha consentito che si sviluppassero, in un continuo alternarsi di attenzioni per l’unità e la varietà, tra il passato e il presente, tematiche specifiche riguardanti la storia linguistica delle popolazioni italiane: la lingua nazionale e le sue varietà, i dialetti, le lingue di minoranza tradizionali, le dinamiche linguistiche connesse con l’immigrazione, l’italiano tra le lingue d’Europa e del mondo, la realtà educativa e sociolinguistica. Ciascuna di queste tematiche ha trovato posto nelle cinque sezioni che hanno informato la struttura delle giornate congressuali.
Al di là dell’importante coincidenza del Congresso con la celebrazione dell’Unità d’Italia, l’approccio scelto ha cercato di evitare i toni apologetici della pura e semplice glorificazione di un’unità linguistica raggiunta soltanto (e non casualmente) un secolo dopo quella politica, per indirizzarsi piuttosto verso la disamina delle pluralità linguistiche e delle spinte dinamiche e spesso dialettiche che hanno preceduto e accompagnato (e che probabilmente accompagneranno anche in futuro) le vicende linguistiche italiane.
Il primo volume degli Atti del Congresso (791 pagine) raccoglie in apertura i testi delle relazioni degli ospiti invitati, riproducendo nelle parti successive la ripartizione in Sezioni. Il secondo volume (124 pagine) è invece interamente dedicato al contributo di Emanuele Banfi (L’italiano fra le lingue d’Europa: usi, funzione, prestigio) che contiene disamina diacronica talmente ampia, articolata ed esaustiva da suggerire ai curatori una sua collocazione autonoma.
Che cosa pensano, gli insegnanti, della grammatica? Quali modelli di insegnamento la grammatica evoca in loro? Quanto conoscono le teorie elaborate nell’ambito della linguista sperimentale e applicata? Come aderiscono realmente a tali teorie? Il contributosi propone di rispondere a questi quesiti partendo dall’ipotesi che un rinnovamento autentico delle modalità di insegnamento della grammatica debba necessariamente prendere il via da un’analisi delle rappresentazioni che i docenti di essa hanno maturato. Tale ipotesi trova ragione d’essere nella convinzione che la riluttanza o difficoltà a individuare nuove modalità di approccio alla riflessione linguistica non risieda tanto nella mancanza di volontà di cambiamento dei docenti, per lo meno non sempre, in un’insufficiente preparazione teorica, quanto piuttosto nel radicamento di raffigurazioni – interne e esterne, personali e sociali – che producono automatismi dai quali anche gli insegnanti più esperti o accorti o preparati faticano a prendere le distanze. Tali rappresentazioni si correlano, anzitutto, con i vissuti individuali, con convinzioni maturate nei percorsi di apprendimento personali, con quadri di riferimento ereditati dalle generazioni precedenti, ma anche con stereotipi sociali e luoghi comuni che possono di fatto inibire l’applicazione didattica di saperi acquisiti e di consapevolezze condivise a livello astratto, e ciò soprattutto in un momento storico in cui gli indirizzi programmatici nazionali e gli orientamenti degli esperti del settore risultano a volte difficilmente decifrabili e anche contradditori.
Lo studio è basato sui risultati di un’indagine condotta presso quattro differenti coorti di soggetti, le prime tre costituite da insegnanti di “lingua italiana” rispettivamente in servizio nel secondo ciclo della scuola primaria, nella scuola secondaria di primo grado e in pensione, la quarta da studenti del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università della Valle d’Aosta. A tutti è stato somministrato un questionario volto a verificare in modo diretto e indiretto opinioni e rappresentazioni a proposito degli insegnamenti grammaticali, con l’obiettivo di giungere a delineare un quadro rappresentativo della didattica praticata nel secondo triennio della scuola primaria e nel triennio della scuola secondaria di 1° grado. I dati ricavati consentono di individuare alcune costanti dell’insegnamento grammaticale nella scuola di base e di definire pregi e difetti dell’idea di “grammatica” che trapela dalle opinioni espresse relativamente alle diverse tecniche di analisi linguistica, alle pratiche didattiche considerate maggiormente efficaci, ai criteri adottati per giudicare grammaticalmente appropriate le produzioni linguistiche degli allievi, etc. L’analisi dei dati mette altresì in luce alcune specifiche criticità in relazione a una diffusa sensazione di inadeguata preparazione teorica, in rapporto ai continui cambiamenti cui l’italiano è soggetto, a metodi e nozioni considerati negativamente ma di fatto ancora in atto nelle prassi quotidiane, alla difficoltà di identificazione dei saperi richiesti al passaggio da un ordine scolare all’altro, ai problemi legati ai libri di testo disponibili sul mercato, alle differenze di merito e di metodo che riguardano la didattica della/e lingua/e materne e di quella/e straniera/e e a molti altri aspetti problematici del “fare grammatica” nella scuola attuale.
Attraverso l’analisi dei dati relativi a un ampio corpus medievale relativo all’Italia nord-occidentale (Piemonte e Valle d’Aosta) e la comparazione con testimonianze via via più tarde, lo studio presenta ragioni, genesi e storia dei passaggi di status delle tipologie appellative che, a partire da una base prenominale, hanno dato luogo a formazioni cognominali. L’analisi si concentra, allora, in primo luogo sui differenti sistemi di rimando patronimico o matronimico impiegati in epoca medievale, verificandone poi la continuità diatopica e diacronica fino ai giorni nostri. All’interno della rassegna, uno spazio particolare viene accordato all’esame dei matronimici sintetici, spesso interessati da processi di usura fono-morfologica – e in particolare dall’eliminazione della desinenza della declinazione nominale latina – che possono rendere ragione del cristallizzarsi e diffondersi di numerose forme cognominali in -a caratteristiche di specifiche subregioni comprese nell’area esaminata, corrispondenti ad appellativi femminili prenominali (Agnesina, Allasia, Berta, Bona, Giordana, Ruffina, Sibilla, Vivalda, ecc.) e soprannominali (Aiassa, Borgna, Bruna, Gallina, Morina, Mora,ecc.), anche ricavati da cariche o titolature reverenziali (Donna, Madama, Priora, ecc.) o indicazioni di mestiere (Baila, Cravera, Ferrera, Molina,ecc.).
In chiusura, vengono ricostruiti alcuni dei processi designativi che, a partire dal sistema medievale a uno, due o più termini e attraverso meccanismi di trasposizione e normalizzazione introdotti dagli estensori dei documenti, hanno progressivamente definito l’impiego degli appellativi in prima e seconda posizione, gradualmente disambiguando i ruoli identificativi dei tipi potenzialmente disponibili in entrambe le sedi.
It is a well-known fact that the role played by school in the diffusion of the national language in the different dialectological areas of the peninsula and in a wider range of social classes has been fundamental for at least a century since the unity of Italy.
We aim at demonstrating that the writing found in school children’s exercise books provides a fundamental testimonial of the different phases that have characterized this process, which took place thanks to manuals inspired by a variety of Italian language that is totally detached from the concrete experience of the speakers and through teaching methods derived from the teaching of foreign languages.
In fact, school children’s writing in exercise books can testify both the specificities that have characterized different linguistic models during the first century of the life of the Italian state and those synchronically present in the different regions of the country. Through the presence of errors and deviations from the norm, they provide evidence of the most common “defects” acquired amongst the categories of speakers homogenous in age, place of origin, social extraction, as well as of the development of attitudes towards sanctions applied to such errors and deviations from a more desired than real standard.
However, the linguistic material obtained from school exercise books is heterogeneous and requires – at least for the specific sociolinguistic complexity which characterizes the Italian language – availability of representative corpora on more than one level, as well as the application of a specific methodology: the present paper represents a critical review of this complexity and specificity.
Rédigé dans le cadre d’une thèse soutenue auprès de la Faculté de Lettres de l’Université de Zurigh, le travail que Stefania Puolato a consacré à l’étude du répertoire des adolescents valdôtains à la fin du XXe siècle présente un tableau multiforme, mais somme toute représentatif des usages de la population dans son ensemble. D’autres études plus ou moins approfondies et récentes ont déjà mis en évidence que, à l’heure actuelle, dans la configuration des rapports entre les langues en Vallée d’Aoste, “la prédominance de l’italien dans les contextes formels et informels, la vitalité du patois dans la communication intrafamiliale (surtout dans la périphérie rurale) et la survie du français dans des secteurs spécifiques d’usage (à l’école, dans les milieux politiques, dans des contextes institutionnels)” sont définitivement établies. La valeur ajoutée de l’étude de Puolato découle, principalement, de la spécificité de l’échantillon choisi pour conduire l’enquête, constitué de jeunes qui fréquentaient, en décembre 1995, la classe de troisième de l’école secondaire du premier degré à Aoste, chef lieu de la région. Le questionnaire proposé – qui prévoyait 60 questions, dont certaines à plusieurs items, à réponse ouverte ou fermée – a été conçu donc pour un public d’une tranche d’âge de 13 à 15 ans, représentatif d’une phase de l’existence où, dans le processus de construction de l’identité personnelle, la locuteur perfectionne sa compétence sociolinguistique et décide de marquer son appartenance ou non appartenance à un “groupe” à travers, entre autres, des choix communicatifs spécifiques.
La recherche de Puolato prend alors en considération non seulement les composantes d’auto- et d’hétéro-évaluation des comportements linguistiques, mais aussi un ensemble d’indicateurs des perceptions et des représentations paradigmatiques de l’imaginaire sociolinguistique des jeunes. D’intéressantes perspectives de réflexion non seulement par rapport à la réalité valdotaine, mais aussi d’autres plus générales que l’on peut référer aux dynamiques perceptives et cognitives typiques de la tranche d’âge prise en considération, et aux variables qui lui sont propres, apparaissent. A titre d’exemple, les données concernant la différence de genre sont étonnantes : les filles, tout en ayant une meilleure connaissance du français que les garçons, s’auto-évaluent de manière beaucoup plus sévère. (p. 171). Une surévaluation évidente de ces derniers quant au patois est présente également ; l’auteure justifie correctement ce phénomène par l’absence de perception de la “norme” qui caractérise par contre les deux langues officielles présentes en milieu scolaire. Le francoprovençal semble, par ailleurs, rentrer dans le répertoire des jeunes générations “surtout par le biais des comportements linguistiques des autres” (p. 352), car il est présenté – de manière plus ou moins positive – comme code employé par les parents, les grands-parents, les voisins, plutôt qu’à travers l’expérience directe des interviewés.
Comme Puolato remarque, les jugements discordants et hétérogènes formulés par rapport aux deux langues présentes dans les différents domaines et contextes, l’italien et le patois, mettent en évidence leur vitalité effective par rapport au français, dont l’emploi négligeable dans des situations réelles favorise par contre chez les jeunes la cristallisation d’attitudes généralement positives, mais d’ordre purement esthétique ou social (“c’est une lingue raffinée”, p. 353), fortement stéréotypées et, en fin de compte, privées de connotations historiques ou ethnoculturelles. Nous ne pouvons donc que partager les souhaits de la chercheuse qui se demande “jusqu’à quel point on peut affirmer (ou croire) qu’une langue véhicule des valeurs culturelles et identitaires, si la communauté n’éprouve pas le besoin de s’en servir spontanément, pour exprimer ou affirmer, par l’usage même de la langue, les valeurs qui lui sont confiées” (p. 49). Et elle termine son ouvrage par l’invitation concrète à “prendre acte des changements intervenus et à redéfinir les rapports entre les variétés du répertoire, dans le respect de chaque langue, ainsi que dans le respect des valeurs symboliques et idéologiques qui l’accompagnent” (p. 357), en prenant en considération le rôle non secondaire que l’utilisation du français – même s’il est appris en contexte scolaire comme langue seconde plutôt que spontanément acquis – peut de toute façon assumer dans le monde composite de la francophonie.
Gli scritti dei bambini d’inizio Novecento appaiono, a un primo sguardo, fedelmente omologati a modelli la cui imitazione impedisce il realizzarsi di quegli automatismi della produzione spontanea che attraverso la testimonianza costituita da sviste, dubbi, scarti avvincono, invece, chiunque si occupi dei processi dell’acquisizione linguistica. Accade, tuttavia, che la compostezza che impronta gran parte di essi apra, di tanto in tanto, qualche spiraglio alla creatività o alla distrazione, lasciando tracce dei percorsi di processazione indiretta di concetti e pensieri, dei fenomeni di traduzione dalla parlata locale a quella “scolastica”, degli sforzi di trasposizione dal parlato allo scritto. In queste occasionali intermittenze della sorvegliatezza prende corpo uno spazio linguistico più genuino tra il “detto” e il “taciuto”, spazio che lascia trapelare competenze pragmatiche e consapevolezze interlinguistiche cui una scuola ansiosa di soddisfare i bisogni di uno Stato ancora sprovvisto di una lingua nazionale ha, per molti decenni, guardato con diffidente preoccupazione.
resoconto informativo dei cicli di conferenze organizzate dal CIEBP (Centre d’Information sur l’Education Bilingue et Plurilingue)  presso l’Università della Valle d’Aosta
La lettura, e specialmente quella finalizzata allo studio, interessa trasversalmente tutti gli ambiti disciplinari e i diversi ordini di scuola: per questa ragione essa risulta fortemente discriminante nel determinare il successo scolastico. Tutti gli studi condotti nell’ultimo trentennio dimostrano chei libri di testo sono spesso troppo difficili per i loro destinatari a causa della varietà di lingua in cui sono scritti, per l’eccessiva articolazione dei contenuti e della loro presentazione, per l’eccessiva densità informativa, per le scelte tipografiche. Eppure, il modo per rendere i testi scolastici più accessibili ci sarebbe, e non equivarrebbe di certo a una banalizzazione destinata a privarli delle specificità della materia trattata: si tratterebbe, invece, di evitare le complessità inutili, spesso unicamente determinate dall’ignoranza delle regole comunicative di base e da un sommario dominio della materia, di conseguenza proposta con le modalità enciclopediche econ i medesimi stereotipi attraverso i quali è stata appresa e attraverso i quali continuerà inevitabilmente a essere insegnata, se coloro che scrivono, pubblicano e scelgono i libri di testo non decideranno di adeguarsi a principi di leggibilità e comprensibilità. Alle specifiche applicazioni di questi ultimi in ambito scolastico è dedicato il contributo.
Un numero sempre maggiore di insegnanti, di ogni grado scolare e non soltanto “di italiano”, si domanda come rispondere ai bisogni speciali degli ormai molti bambini e ragazzi non italofoni presenti in classe. Questo volume si propone di introdurre, attraverso prospettive disciplinari differenti, alcuni dei principali problemi scientifici, metodologici e didattici che caratterizzano l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda.
La prima sezione (Imparare l’italiano fra le altre lingue) offre un inquadramento teorico che parte dal punto di vista dell’apprendente, delle sue conoscenze, dei suoi bisogni e del contesto in cui si realizza la sua acquisizione linguistica per dotare l’insegnante di conoscenze che gli consentano di pianificare con cognizione di causa il proprio intervento educativo e didattico.
La seconda sezione (Insegnare l’italiano come lingua seconda) assume la prospettiva dell’insegnante, introducendo tecniche, ipotesi di lavoro e esemplificazioni operative adattabili a contesti differenziati sulla base dei livelli di competenza e degli specifici bisogni dei potenziali destinatari.
Attraverso un’articolazione volta a favorire i raccordi tra la dimensione concettuale e quella pragmatica dell’insegnamento dell’italiano e in italiano, il manuale si propone al contempo come guida teorica e come strumento di lavoro per tutti quegli insegnanti a cui oggi più che mai sta a cuore il diritto di comprendere e di apprendere di tutti gli allievi.
Il contributo presenta i risultati di uno studio condotto su un corpus di quaderni di scuola appartenenti al XX secolo con lo scopo di verificare se e in che misura nei cent’anni di scuola considerati la didattica del lessico si sia modificata sotto il profilo metodologico o nei contenuti.   L’analisi mostra che almeno fino alla fine degli anni Settanta il possesso di buone competenze lessicali viene principalmente perseguito in modo implicito – attraverso pratiche di addestramento all’imitazione di modelli – e identificato con l’evitamento di ogni elemento lessicale o modulo sintattico condiviso con le varietà dell’italiano parlato. Le attività espressamente volte all’affinamento delle competenze semantiche, gregarie rispetto a quelle destinate alla scrittura e all’analisi grammaticale, tendono per tutto il secolo a ridursi a esercizi di stretta nomenclatura, all’interno dei quali le parole sono presentate come monadi, isolate dalle reti semantiche nelle quali si trovano collocate e dalle relazioni che intrattengono con i diversi contesti d’impiego. I traguardi presi in considerazione appaiono, così, ispirati a principi meramente quantitativi, e sembrano ignorare gli aspetti relativi tanto alla distinzione tra competenza produttiva e competenza ricettiva, quanto alle differenze tra vocabolari appartenenti a registri e varietà differenticui si ispira invece la didattica del lessico dell’ultimo ventennio.
Gli studi descrittivi delle caratteristiche delle varietà linguistiche dell’uso fanno, in effetti, spesso riferimento a documenti che, ponendosi al margine tra scritto e parlato, possono essere considerati come vere e proprie fonti orali. Si tratta di diari personali, semplici appunti, annunci, scritture murali, discorsi riportati, ecc. che – per la pragmaticità  degli scopi comunicativi che perseguono e/o per la scarsa alfabetizzazione degli autori – si sottraggono all’azione di filtraggio propria dei processi di trasposizione dall’orale allo scritto. Fonti documentarie di questo tipo hanno permesso, ad esempio, di “ricostruire” le forme del latino volgare, escluso dalla tradizione scritta eppure alla base di tutte gli idiomi romanzi, e di documentare la storia delle lingue nelle loro progressive tappe evolutive.
Anche per l’italiano, gli studi dedicati al rapporto bipolare fra lingua scritta e lingua parlata si sono orientati tanto sul periodo delle origini quanto sul divenire diacronico delle forme successivamente assunte, e più di un linguista è giunto al punto di congetturare per l’italiano contemporaneo l’esistenza di distinte grammatiche per le due categorie della scrittura e dell’oralità .
Partendo, pur senza assumerla per intero, da questa tesi, il contributo si propone di formulare alcune ipotesi di lavoro a proposito di quelle forme di scrittura che, mimando il parlato o comunque ad esso ispirandosi, lasciano trapelare attraverso i caratteri scritti tracce più o meno robuste di oralità , configurandosi così in qualche modo come ibride di scritto e parlato. Sono analizzate  in particolare le situazioni in cui un atto comunicativo che dovrebbe avvenire oralmente, in presenza di emittente e ricevente (conversare, discorrere, dibattere, ecc. nell’ambito di conversazioni faccia-a-faccia o telefoniche) per ragioni diverse si realizzi invece in differita, attraverso la scrittura. L’esempio più emblematico della tradizione è evidentemente quello della lettera: in assenza del destinatario, l’emittente scrive ciò che vorrebbe dire, simulando attraverso diversi accorgimenti la presenza dell’interlocutore. Ad essa sono in qualche modo imparentate – pur con significative distinzioni – le differenti forme di “parlato trasmesso” che oggi imperversano nella comunicazione giovanile, e che si realizzano attraverso forme che sempre meno si affidano a strumenti tradizionali come carta e penna, privilegiando piuttosto le nuove tecnologie (computer e telefoni cellulari) o eventualmente anche supporti insoliti o inappropriati come muri, banchi o panchine, tanto per citare soltanto alcuni dei maggiori testimoni dei graffiti moderni. Le tipologie di messaggio cui il contributo fa riferimento (lettere personali, sms, e-mail, interventi su blog e chat, graffiti, ecc.), benché molto differenziate sotto il profilo funzionale e secondo gli scopi comunicativi, possono tuttavia essere accomunate per la condivisione di alcuni tratti, come l’effimerità e la dialogicità (con sfasature temporali tra emissione e ricezione molto variabili, ma comunque sempre per rapporto a un interlocutore dato) e per differenza rispetto a gran parte delle altre forme di scrittura, alle cui convenzioni si sottraggono in tutto o in parte. L’obiettivo è quindi quello di delineare quanto e come le scritture giovanili mimetiche del parlato si allontanino dagli schemi delle scritture convenzionali, e se e come queste violazioni possano eventualmente essere impiegate dagli insegnanti per rendere gli allievi maggiormente consapevoli delle differenze esistenti tra scritto e parlato, in modo tale che le eventuali commistioni fra le due categorie siano controllate e intenzionali piuttosto che, come sembra frequentemente accada, determinate da ignoranza delle diverse modalità di funzionamento dei due sistemi.
a pratica del dettato rappresenta da secoli una costante nell’insegnamento delle lingue materne e di quelle straniere. Tradizionalmente, quello della scrittura sotto dettatura è in effetti ritenuto l’esercizio più efficace per l’acquisizione degli automatismi grafemici e per la fissazione delle convenzioni ortografiche. Negli anni più recenti, e non soltanto in ambito italiano, il suo valore glottodidattico è stato, tuttavia, messo in discussione: il modello della dettatura dell’insegnante è stato criticato in quanto contrassegnato da ritmi dell’eloquio eccessivamente scanditi rispetto a quelli del parlato autentico, da curve intonative falsate rispetto a quelle naturali, da un approccio metodologico ripetitivo, tendente a relegare gli apprendenti ad un ruolo passivo e esecutivo. Quasi assurto a emblema della didattica più molesta, il dettato è, insomma, pian piano stato pressoché escluso dalle prassi di insegnamento delle lingue materne, e permane in genere oggi soltanto nell’insegnamento delle lingue straniere con scopi meramente valutativi delle competenze ortografiche. Eppure, il senso della scrittura sotto dettatura non riguarda soltanto la corretta associazione dei suoni ai grafemi corrispondenti; se ben impostata, anzi, può mettere in moto l’attivazione di riflessioni di ordine morfo-sintattico, legate agli accordi e a tutti quei fenomeni di cui solamente la lingua scritta rende conto, così come strategie per lo sviluppo di capacità di anticipazione, inferenza e presupposizione che fanno riferimento a quella expentancy grammar che tanta parte ha nei processi di comprensione e costruzione dei significati: durante il processo di dettatura, infatti, l’apprendente non si limita a tradurre la lingua parlata in lingua scritta, ma interpreta anche semanticamente le parole pronunciate dall’insegnante, verificandone la contestualizzazione per cogliere e precorrere gli sviluppi di contenuto. In una prospettiva di insegnamento plurilingue, poi, la tecnica del dettato può essere efficacemente adottata non soltanto per sollecitare comparazioni tra suoni e rese grafiche, ma anche per riflettere sulle specificità – morfologiche, lessicali, sintattiche – che caratterizzano i diversi codici del repertorio e per riflettere sulle ipotesi interlinguistiche che gli apprendenti elaborano a proposito delle diverse lingue oggetto di insegnamento.È per questa ragione che può essere utile, oggi, ripensare alla pratica del dettato con la consapevolezza di quali possano essere stati nel passato gli errori che ne hanno generato il progressivo abbandono, e quelle che si prospettano invece come potenzialità didattiche fruttuose e innovative.
Schede onomasticheAudilia-Audilio, Audio, Audomia, Augea, Augurio, Augustale-Augustalia, Augusto-Augusta, Aulalia, Aulide, Aulo, Auralbe, Aurea, Aureliano-Aureliana, Auremma, Aurenzia, Aurilio, Ausano-Ausana, Ausilia-Ausilio, Ausiliatrice, Austilio-Austilia, Autilia-Autilio, Auto, Avendrace, Avenza, Averaldo-Averalda, Averardo-Averarda, Averando, Averano, Aviano-Aviana, Aviliana, Avinio-Avinia, Avino-Avina, Avio-Avia, Avisiano.
Ultima revisione: 04/11/2024 |
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